venerdì 19 agosto 2016

Bruno Bozzetto: "Vita con Beeelen"

Vita con Beeelen (1)


Vita con Beeelen (2)


Vita con Beeelen (3)



Il segreto della felicità di Bruno Bozzetto: "Mia moglie, papà e una pecora"
di LUCA RAFFAELLI

L'intervista. Il padre dell'animazione italiana e del Signor Rossi si racconta in un documentario che sarà presentato alla mostra di Venezia. "Sì, ho ancora tanti progetti. Ma anche se non li realizzo, l'importante è divertirsi"
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"Ma lei l'ha visto? Io non ne ho il coraggio!". È Bruno Bozzetto a parlare, e la sua mancanza di coraggio riguarda il documentario che è stato realizzato su di lui da Marco Bonfanti. Si intitola Bozzetto non troppo, è prodotto da Zagora e Istituto Luce Cinecittà con Sky Arte HD, e verrà presentato al festival di Venezia nella sezione Classici - Documentari sul cinema. È un ampio ritratto del grande artista dell'animazione italiana, autore di tre lungometraggi (West and SodaVip, mio fratello superuomo e Allegro non troppo), di cortometraggi premiati in tutto il mondo (da ricordare l'Orso d'oro a Berlino per Mister Tao nel 1990 e la nomination all'Oscar per Cavallette l'anno successivo) e creatore di un personaggio icona dell'italiano medio: il Signor Rossi.



Ritornando al documentario: Bozzetto, ma qual è il problema?
"Credo di essere l'unico a parlare in tutto il film. Me lo conferma?".

Sì, è così.
"Ecco. Non sono mai stato dall'altra parte della macchina da presa, ho il terrore di rivedermi. Lo farò se davvero viene a trovarmi il regista con la versione definitiva".

Voglio tranquillizzarla. Lei fa un'ottima figura. E nel documentario viene fuori tutta la poesia del suo cinema e anche il suo raffinato senso dell'umorismo.
"Beh, mi fa piacere. Sa che c'è? Che uno dice "documentario" e pensa di vedere un film che mostra la realtà. Marco mi diceva "non ti preoccupare, andiamo a ruota libera", ma poi quando il primo ciak è venuto male, perché magari ti sei impappinato, ecco che ripeti la scena tre, quattro volte e quella comunque diventa una finzione. Io l'attore proprio non lo so fare. E quello cui mi ha sottoposto il regista non era un dialogo. Mi faceva delle domande e poi stavo solo davanti alla telecamera".

Eppure una delle curiosità che viene rivelata nel film è in alcune sue prove d'attore quand'era giovanissimo.
"Ma guarda cosa è andato a pescare! Sono spezzoni che evidentemente gli hanno dato le mie figlie. Da quelli si capisce bene perché ho rinunciato. L'unica cosa che mi rincuora è che con il montaggio si può lavorare tanto da far credere l'impossibile. Mi dice come comincia il film?".

Con il suo ingresso alla mostra che le è stata organizzata qualche mese fa al Walt Disney Family Museum di San Francisco. Poi la prima parte è tutto sulla sua casa di Bergamo, i suoi cani, i suoi gatti e la sua pecora (che peraltro è diventata una diva del web). C'è una sequenza molto divertente in cui lei le dà da mangiare.
"Immagino. Lei sì che è brava e spontanea. Io invece ero in difficoltà, anche se Marco faceva di tutto per mettermi a mio agio. Però mi ha detto che c'è un dietro le quinte in cui a un certo punto mando tutti a quel paese dicendo "basta, non ne posso più, questa ripresa va bene così"".

Nel film lei parla molto della sua famiglia.
"Sono stato molto contento di poter dire qualcosa su mio nonno, Girolamo Poloni, un grande artista che passava un mese in una chiesa sdraiato a dipingere come faceva Michelangelo".

E credo si commuova quando parla di suo padre.
"È stato molto più che un padre. È stato un fratello, un amico, un collaboratore, un socio. Anche se non capiva nulla di quello che facevo, non aveva idea di cosa fossero i cartoni animati, è stato sempre al mio fianco. Fu lui a costruire il mio primo banco da ripresa adattando un'asse per il ferro da stiro. Non vorrei azzardare troppo con il paragone, ma se Walt Disney ha avuto l'aiuto del fratello, io ho avuto quello di mio padre. Se non ci fosse stato lui la mia vita sarebbe stata tutta un'altra storia. Ma anche se non ci fosse stata mia moglie Wally".


In "Bozzetto non troppo" lei dice che andate d'accordo su tutto tranne che sul ballo. Ma vi si vede fare due passi di foxtrot.
"Già, è vero. E nonostante sia lei quella brava mica è stato facile convincerla! Ma se non ci fosse stata lei a tenere unita e organizzata una famiglia non semplice da gestire, con quattro bambini e non so quanti cani, non avrei certo potuto avere il tempo e la tranquillità di potermi dedicare al lavoro".

Dal documentario la sua vita oggi sembra tranquilla: gli animali, la famiglia, gli amici, e poi la casa al lago.
"C'è anche lo Studio Bozzetto a Milano che lavora sempre ed io sono spesso lì. Comunque sono sempre occupato. E purtroppo ora il web con i social, le mail a cui rispondere, porta via un sacco di tempo. Se fossi all'inizio della mia attività butterei via il computer. E anche il cellulare. Si perde troppo tempo. Per fortuna alla mia età me lo posso permettere. A 78 anni devo pensare alla salute, avere i miei familiari vicino e a godermi la vita".

Però nel documentario la si vede parlare del progetto di un lungometraggio, "The Light Catcher".
"È un progetto che sto sviluppando da troppo tempo. All'inizio l'entusiasmo è tanto, ma poi passano gli anni, non trovi chi lo voglia finanziare e allora quell'energia positiva la perdi. Infatti ora ho un altro film ancora tutto da costruire e sviluppare, speriamo che abbia più fortuna. Altrimenti fa niente: le idee servono anche per potersi divertire"


Grazie alla mia grande amica Silvia Pompei, in diretta dagli Stati Uniti, eccovi la prima versione inglese di Beeelen che ovviamente ė intelligentissima e parla perfettamente 36 lingue)
Bruno Bozzetto

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PS:
«Bozzetto non troppo», l’annuncio: il film di Bonfanti alla Mostra del Cinema di Venezia 2016
È il documentario che racconta l’ascesa del cartoonist bergamasco. Il titolo riprende il suo «Allegro non troppo», pellicola in parte dal vero, in parte d’animazione, uscita quarant’anni fa in risposta a «Fantasia». Le riprese si sono svolte nelle abitazioni del disegnatore, sulle colline sopra Città Alta e sul lago a Riva di Solto, tra familiari e animali, oltre che nello studio milanese.

giovedì 18 agosto 2016

Salvini e la cammesella

ARLECCHINO DA GIUSSANO
La felpa variabile di Salvini è senza dubbio uno strumento di comunicazione indovinato anche se talvolta veicola un messaggio non del tutto corretto come ieri con quella della Polizia.
Un piccolo suggerimento per il futuro.
Gianfranco Uber


‘A cammesella
La sfilata di felpe più o meno insultanti indossate dal leader leghista è affare privato da chi si ritiene offeso e discriminato oppure compiaciuto e rappresentato. Gli interessati hanno il diritto di farsi valere/rivalere come meglio credono.
A tutt’altro fenomeno (da baraccone) appartiene l’ultima perfomance del soggetto in questione.
Chiunque abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico, è punito con sanzione amministrativa (Art. 498 Codice Penale). Dunque possiamo chiuderla qui e procedere penalmente contro il consigliere comunale milanese Matteo Salvini, senza aspettare che esponga al pubblico ludibrio ulteriori divise istituzionali che, a suo dire, gli sarebbero state regalate dai rispettivi corpi appartenenti.
Se corrispondesse al vero mi piacerebbe peraltro sapere a che titolo un servitore dello Stato si permette di distribuire capi di abbigliamento che gli ho pagato io.


Salvini e la camicia da poliziotto
Tiziano Riverso


http://www.corriere.it/politica/16_agosto_16/salvini-la-maglietta-polizia-sindacato-attacca-gravissimo-lega-3ccd7c82-63b5-11e6-aa60-86dd3fdb1e51.shtml
Portos - Franco Portinari

Salvini: dalla maglia di polizia alla camicia di psichiatria
Beppe Mora


divisa perfetta per Salvini
Moise
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Nota

LA CAMMESELLA

Lui: E lèvate 'o mantesìno!
Lei: 'O mantesìno, gnernò, gnernò!
Lui: E lèvate 'o mantesìno!
Lei: 'O mantesìno, gnernò, gnernò!
Lui: Si nun to vuo' levá,
mme sóso e mme ne vaco da ccá!
Si nun to vuo' levá,
mme sóso e mme ne vaco da ccá!...

Lei: E tèh, mme ll'aggio levato,
Ciccillo, cuntento, fa' chello ca vuo'...
E tèh, mme ll'aggio levato,
Ciccillo, cuntento, fa' chello che vuo'...
Sia benedetta mámmema,
quanno mme maritò.
Lui: Sia benedetta mámmeta,
quanno te maritò.
II
Lui: E lèvate 'a vesticciòlla, .........................
III
Lui: E lèvate 'o suttanino, ......................
IV
Lui: E lèvate stu curzetto, ......................
V
Lui: E lèvate 'a cammesella, .......................
VI
Lui: E damme, Ceccè', nu vasillo, ........................

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Traduzione in italiano:
La Camicetta

Lui: E levati il grembiule!
Lei: 'Il grembiule no, mai!
Lui: E levati il grembiule!
Lei: 'Il grembiule no, mai!
Lui: Se non te lo vuoi togliere,
mi alzo e me ne vado da qua!
Lui: Se non te lo vuoi togliere,
mi alzo e me ne vado da qua!

Lei: E tieni, me lo sono tolto,
Franceschino, ti ho accontentato, fai quello che vuoi...
Lei: E tieni, me lo sono tolto,
Franceschino, ti ho accontentato, fai quello che vuoi...
Sia benedetta mia madre,
quando mi fece sposare.
Lui: Sia benedetta tua madre,
quando ti fece sposare.
II
Lui: E levati il vestito, .........................
III
Lui: E levati la sottoveste, ......................
IV
Lui: E levati il corpetto, ......................
V
Lui: E levati la camicetta, .......................
VI
Lui: E dammi, mia cara, un bacio,


mercoledì 17 agosto 2016

mia nonna non ha mai visto il mare



mia nonna non ha mai visto il mare
non lo ha mai visto
lo aveva a 40 chilometri in linea d'aria
è morta senza vederlo
era una contadina, moglie di contadino
uno vero, non di quelli da cui i cittadini bucolici comprano il vino del contadino
un cappello, un paio di pantaloni, uno di scarpe, uno di mani
non un tramonto, un sospiro, mai
cucinava nel camino, che era anche luce e calore, niente bagno
proprio qui, dove sono, dove ora c'è una doccia con acqua calda, ricavata nei centimetri
me lo ha confermato oggi mio fratello
lui sa un sacco di cose
nel mio mondo l'avevo vista sulla spiaggia, talmente lo avevo voluto che era diventato vero
l'avevo vista così, come certamente sarebbe stato: interamente vestita, da capo a piedi, forse una concessione ai piedi nudi con l'alluce valgo ad assaggiare piano la sabbia, mentre guardava noi scomparire in quel liquido, preoccupata, per riemergerne e scomparire di nuovo
la guardavo, diversa dal rosa intorno, forse mi chiedevo perché ma non c'era un perché
forse pudore, forse il vento
forse costretta da qualcuno, da qualcosa
ma c'era lei e c'era il mare
un incontro che niente e nessuno aveva diritto di impedire
non era Emily Dickinson, non era Pavese, mai conosciuti, mai letti, non sapeva farlo
ma al mare non interessa la letteratura, fa il mare, va e torna, si infrange e muore, rinasce, ancora e ancora, sempre e non chiede cosa indossi
un incontro
che è sempre l'inizio di qualcosa
ma non lo ha visto
ha dato la luce a mia madre che ha visto il mare e ha dato la luce a me, che il mare l'ho visto, mi ci sono tuffato, ci ho fatto l'amore, ne sono uscito, mi ha accolto di nuovo
come fa con tutti, con tutte

Fabio Magnasciutti

tuffo

tuffatore



PS: anche la mia nonna come la tua Fabio era una contadina, moglie di contadino
uno vero... e non ha mai visto il mare, però una volta era stata a Roma e ne era fiera 

martedì 16 agosto 2016

Le Olimpiadi di Ugo Sajini

CERCHI OLIMPICI
Jonzac - 2006




-
INCONTRO DI SCHERMA


PALMARÈS


EX AEQUO

PODIO RISERVATO

PODIO PER IL LANCIO DEL PESO




SALTO CON L'OSTE




IL VINCITORE DI LOTTA GRECO-ROMANA




CANOA



ANELLI
Argento a Zemun - 1998



Ugo per tutti, tutti per Ugo
di Dino Aloi (Buduàr n.6, pag 67)

Ugo Sajini normalmente è abituato a realizzare vignette senza parole. È il mezzo che preferisce per comunicare anche per il fatto che, in questo modo, i disegni diventano immediatamente esportabili anche all'estero, dove possono essere compresi con grande facilità. Proprio all'estero ma anche in Italia, Ugo da sempre riscuote grande successo ed è considerato tra i più interessanti autori del panorama nostrano. Lo dimostra il suo ricchissimo curriculum, dove sono sciorinati molti, ma non tutti, dei suoi numerosissimi premi ricevuti.
Nonostante questo, l'artista ha collaborato e collabora tutt'oggi con giornali proponendo vignette di costume, di satira politica e di umorismo, vignette con cui si esprime con le parole. E anche a parole riesce a fare centro, facendoci sorridere con le sue riflessioni argute, i suoi aforismi o i suoi calembour. Perché Ugo ha l'umorismo che scorre nelle vene al posto del sangue, ed è più forte di lui, deve farlo emergere, talvolta di prepotenza, altre in modo più sinuoso e sottile, ma comunque ben presente e radicato nei suoi pensieri e nei suoi discorsi.
Da sempre (ci frequentiamo ormai da 25 anni) è uno dei miei autori preferiti. Oltre all'amicizia personale, mi ha sempre incuriosito il suo modo di scavare e lavorare sulla tavola grafica. È stato uno dei primi a usare il computer in questo settore e ne ha pagato anche le conseguenze venendo rifiutato in alcuni concorsi o semplicemente non riscuotendo il premio in quanto la sua opera non era considerata originale. Oggi tutto ciò è ampiamente superato, dato che quasi tutti gli autori usano normalmente il computer e non realizzano più le tavole a mano. Ma questo la dice lunga sulla sua voglia di sperimentare nuove formule. Se ne accorgerebbe bene chi dovesse vedere i suoi materiali, mai uguali tra loro, sempre alla ricerca di nuove soluzioni, pur mantenendo una coerenza grafica ed una riconoscibilità di tratto che lo rendono immediatamente identificabile.
Ha scelto l'essenzialità, scavando nella forma , come faceva Pietro Ardito per realizzare le sue raffinatissime caricature.
Una scelta difficile che talvolta supporta con tavole riccamente infarcite di segni, ma solo quando lo richiede la situazione che ha immaginato di disegnare. Tutto questo per dire che le sue opere vivono l'internazionalità e le influenze di grandi maestri del sorriso, come ad esempio il francese Bosc, strepitoso autore degli anni Cinquanta che in seguito si tolse la vita, quasi a smentire che gli umoristi prendono la vita con allegria, così com'è chiaro che Ugo ha respirato l'aria di Bordighera ai tempi in cui si radunava ogni anno per il Salone con i migliori umoristi di tutto il mondo. Questa sua formazione è stata importantissima per il continuo confronto a cui lo ha portato, stimolandolo in questa ricerca continua.
Nel volume interamente "a parole" che l'autore ha voluto realizzare per l'editore il Pennino, è sicuramente interessante scorgere nelle sue battute modalità e stili che sono tipici anche del disegno senza parole.
Ciò che conta è poter comunicare, e Ugo in questo è un vero maestro, mantenendo sempre un garbo discreto, evitando grevità o eccessi.

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Note Biografiche di Ugo Sajini:


Nasce nel 1947. Nel 1960 già disegna umorismo. Dal 1970 collabora con numerose testate, dalla rivista di fumetto Eureka all'edizione italiana di Playboy e al quotidiano Popolo di Roma, Buduàr.
Viene premiato in numerose rassegne in Italia e all'estero, da Montreal a Marostica e a Lecce.
Vive tra Vigevano, nella bella Lomellina, e lo spezzino, nelle belle 5 terre dove dice di far finta di coltivare la vite.

lunedì 15 agosto 2016

Capalbio: radical chic e profughi

Chicco Testa: «I profughi a Capalbio? 
Non vengano a bighellonare»
fonte





Nimby Kik contro i bighelloni
di Ivano Sartori
Chicco Testa, l'ex dirigente del Pci e del Pds con apprendistato nello Pdup-manifesto, ex Legambiente poi a capo di colossi industriali come Eni e Wind, attualmente in quota Renzi, ha detto «i profughi non devono venire qui a bighellonare». Non intendeva in Italia. No, parlava di Capalbio, il borgo maremmano da decenni «buen retiro», così lo chiamano quei fantasiosi dei giornalisti, dell'intellighenzia colta e di sinistra (le due cose vanno sempre di pari passo), la piccola Atene dei filosofi marxiani sempre più marziani rispetto a chi li ha votati. Dopo la dichiarazione dell'onorevole vendoliano Arcangelo Sannicandro che si è opposto con fierezza a una paga da metalmeccanico, ecco l'ohibò di Chicco (tutti lo chiamano così, ma non ce l'ha un vero nome?). Una boutade rivelatrice, che scioglie il nodo gordiano di tanti suoi contorcimenti verbali. Che la dice lunga sul populismo di chi predica bene e razzola male, di chi si converte in un battibaleno dall'energia pulita a quella nucleare pur di conservare la cadrega e i relativi generosi emolumenti.
Quella testa di Chicco non ha preso un colpo di sole, non gli è scappata. No, ha proprio voluto dire quel che ha detto. Ora, qualche pompiere si premurerà di spiegare che è stata una gaffe, come se le gaffe non fossero spie del pensiero, e lui preciserà che è stato frainteso, come si fa sempre in questi casi.
Comunque vada, abbiamo avuto modo di assimilare un'altra informazione, e cioè che le sperequazioni sociali, oltre che dal reddito, derivano da dove vai in vacanza. Capalbio è off limits per gli straccioni come lo è la Costa Smeralda di Briatore, come lo è la Forte dei Marmi dei Moratti e di Daniela Santanché. Gli extracomunitari vadano a bighellonare altrove. Sulle spiagge dove vanno gli elettori, non gli eletti.
Capalbio è difesa dalle mura. Che cosa ci vuole a mettere delle guardie armate alle sue porte? Perché i suoi ospiti dai portafogli ben pasciuti non si pagano qualche vigilante? Così sarebbe chiaro a tutti che quelli che sbraitano contro i muri e le frontiere sono gli stessi che se li tengono ben stretti per difendersi dalla volgare plebe.
 Nimby: not in my back yard, non nel mio cortile.
Non appena avranno chiuso l'ombrellone e ripiegato il lettino, e prima che la tintarella si scolorisca, questi gallinacci poco ruspanti li rivedremo in tivù. Dove andranno credendo di darla a bere ai gonzi. Ma chi crede più ai reduci del «buen retiro»? Buenas noches, compañeros.

Postilla per i più giovani
Nembo Kid è stato il nome italiano di Superman fino agli anni Sessanta.



Vignette di Portos - Franco Portinari




Mauro Biani

Estetica
CeciGian

domenica 14 agosto 2016

Zerocalcare: "Il grande test che tutti dovrebbero fare prima di commentare sui Social Network"

Da Repubblica



Zerocalcare: "Troppe urla sui social ragazzi, è meglio tacere"


Dall'amore per Brecht ai rischi web, l'autore di graphic novel si confessa. E ci regala una vignetta inedita(clicca suil titolo della galleria per vederla grande)


A16 anni aveva il mito di Brecht. Oggi disegna storie che parlano di lui e del suo mondo con una esplosione di cultura pop che piace anche a chi non legge fumetti. Michele Rech, conosciuto da tutti come Zerocalcare, non vuole dare lezioni a nessuno e così passa gran parte del suo tempo a smitizzare se stesso: non sia mai che qualcuno lo consideri un intellettuale o peggio ancora un maestrino.

Cresciuto nel quartiere romano di Rebibbia tra musica punk e militanza nei centri sociali, odia gli indifferenti e forse per questo non smette di dire la sua. Si interroga sul degrado e sul senso civico, firma strisce sulle unioni civili e raggiunge il confine tra Siria, Turchia e Iraq per raccontare la resistenza curda e la guerra contro lo stato islamico (Kobane Calling, Bao Publishing). Argomenti seri, anche se affrontati con ironia, presentazioni e dibattiti in tutta Italia, l'ultimo domani a Roma: "Adesso basta, faccio una pausa, mi riprendo il diritto a parlare di ciò che voglio, anche di cose frivole ".

Lo dice, ma intanto le ultime vignette che ha disegnato e che pubblichiamo in anteprima, affondano la matita in un argomento sensibile: l'ansia di dire la propria opinione su un social network sempre e comunque, anche inzuppando le parole nell'odio.

Quali sono i limiti del commentare un fatto in pubblico?
"Non credo ci siano limiti e comunque non sono io a doverli stabilire. Io posso parlare solo di quello che trovo inquinante in un dibattito. Non mi piace questa ansia di dovere essere i primi a commentare, di farlo su qualsiasi cosa accada al mondo, dalla Brexit agli attentati terroristici, magari due minuti dopo il primo lancio di agenzia".

Ci vuole prudenza?
"Prima di postare un commento dovremmo chiederci se stiamo dando delle informazioni, un punto di vista originale o almeno degli spunti di riflessione. Se stiamo ripetendo cose già dette, stiamo solo alzando il volume e non andiamo avanti di un passo".

Qualche giorno fa, prima che Facebook oscurasse la sua pagina fan, lei ha censurato per la prima volta dei commenti... 
"Stavo promuovendo un evento dedicato a Carlo Giuliani. E ci sono stati dei commenti orribili, persone che hanno scritto di volerlo ricordare con un buco in testa. Non mi stupisce più nulla di quello che viene detto sul G8 del 2001, ormai il dibattito si è sclerotizzato. Ma non accetto che in una pagina sotto la mia responsabilità si scateni questa violenza, senza rispetto per i morti e per i vivi".


Non ha risposto a nessuno, neanche a chi criticava senza offendere.
"Genova è anche la mia storia, quelle ore mi hanno cambiato la vita e ancora adesso mi fanno venire i brividi. Non cerco di imporre la mia opinione a nessuno, ma non considero Genova un argomento di dibattito".

Dice di saper parlare "con cognizione di causa solo di teppismo e serie tv".
"So parlare solo delle cose che conosco".

E tra queste ci sono i graphic novel...
"Tra le cose più belle che abbia mai letto ci sono I solchi del destino di Paco Roca, un'opera sulla guerra civile spagnola e sull'esilio in Francia dei combattenti antifascisti, ma anche La mia vita disegnata male di Gipi e Lo scontro quotidiano di Manu Larcenet, due autori che riescono a descrivere attraverso il quotidiano una gamma di emozioni in cui mi riconosco: la paura, il dolore, i sentimenti che si provano quando la vita ci mette di fronte a certe cose, come la morte di una persona cara, la paternità e l'amore".

Ha citato solo autori a lei contemporanei. Perché?
"Mi appassiono alle cose del mio tempo. Ad esempio Pazienza l'ho scoperto tardi e distrattamente. Però il suo lavoro ha influenzato moltissimo gli autori che sono venuti dopo, tutta la scuola italiana e di conseguenza qualcosa di suo è arrivato fino a me".

Però aveva il mito di Bertolt Brecht...
"A sedici anni stavo vivendo un momento super idealista e lui toccava delle corde, usava delle espressioni che mi fomentavano ".

E dopo di lui, che autori ha amato?
"Se parliamo di scrittori che utilizzano un linguaggio universale, capace di superare le distanze tra generazioni, mi viene in mente José Saramago. Per il resto leggo molto noir americano, Don DeLillo, Edward Bunker, Elmore Leonard. Mi affascina il loro stile, nel ritmo mi ricordano le serie tv. E poi mi piacciono i francesi, Fred Vargas e Jean-Claude Izzo. Le atmosfere cupe mi hanno sempre attirato, come quelle de La strada di Cormac McCarthy. Sono una persona con un grande senso del tragico, mi lascio suggestionare da una certa retorica".

Nelle sue opere il tragico lo stempera con l'ironia.
"Perché mi vergogno, ho paura di diventare lacrimevole".

Adesso cosa sta leggendo?
" I giorni di fuoco di Ryan Gattis. È curioso scoprire un romanzo sulla rivolta di Los Angeles del 1992 mentre l'America precipita di nuovo nella violenza. Viene da pensare che la questione razziale sia solo peggiorata: allora tutto nasceva da un pestaggio, oggi da omicidi".

Legge solo romanzi?
"Leggo i romanzi per evadere dalla quotidianità. E i saggi per approfondire i temi che mi stanno a cuore".

Prima di Kobane Calling che libri ha letto?
"Per approfondire la teoria della rivoluzione curda ho letto i libri di Ocalan e Sakine Cansiz".

Crede che ci sia un momento adatto per ogni libro?
"Abbino i libri alle stagioni della mia vita. Ma se penso all'oggi mi sento smarrito, confuso... Non c'è nulla che mi piaccia veramente".

Cosa sta cercando?
"Qualcuno che mi aiuti a leggere il mondo, che sappia raccontare le cose nella sua complessità. Il problema è che quelli che lo fanno non dicono mai niente di diverso rispetto alle posizioni mainstream".

E di cosa vorrebbe occuparsi ora?
"Vorrei riprendermi il diritto a parlare di quello che voglio, anche di cose frivole".

Così conferma l'idea di appartenere a una generazione di narratori ombelicali.
"Se uno è onesto con se stesso e con il proprio lavoro, se non cerca di insegnare qualcosa, ma si limita a testimoniare quello che ha dentro, non vedo cosa ci sia di male. Se invece uno ha le qualità per fare il maestro, beh lo faccia sul serio".



sabato 13 agosto 2016

COSCE DA PAZZI

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COSCE DA PAZZI.
"non fai ridere, non fai piangere, non fai riflettere, non fai uso di limiti...ma che cazzo fai, allora?"

"faccio quello che mi pare. 
so cos'è il libero arbitrio e ho il talento per usarlo come voglio.
se sai cos'è il libero arbitrio e hai talento, fallo anche te.
ma fammi una cortesia: se non ci riesci, non ti mettere a spiegare a me come dovrei fare quello che faccio...che se lo faccio così è giusto e se lo faccio cosà è sbagliato.
IO FACCIO QUELLO CHE MI PARE. 
e finchè ci sarà una persona interessata a quello che faccio, sia in positivo che in negativo, continuerò a farlo.
e se ne avrò voglia può darsi che continui a farlo anche se non interesserà a nessuno...chi lo sa..?"
Riccardo Mannelli
     



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Diario Fo commenta la vignetta di Riccardo Mannelli: "È bellissima, le polemiche sono un tentativo di censura"
il Fatto Quotidiano

Ha passato una vita a calcare le tavole del palcoscenico per dileggiare il potere. Intervistato dal Fatto QuotidianoDario Fo ha voluto dire la sua sulla vignetta pubblicata pochi giorni fa da Riccardo Mannelli, in cui la ministra Boschi viene rappresentata con le cosce in bella mostra. L'opinione del Premio Nobel per la Letteratura è precisa e netta, e va in controtendenza alla pioggia di critiche che, mosse da ogni parte, hanno investito il fumettista.
"È bellissima, il ministro appare come una signora elegante e niente affatto volgare, triviale o oscena. Non è un disegno indecente, né maleducato. È utilizzato per spiegare il gioco di parole. Ma prendersela per un innocente gioco di parole è una reazione che svela rozzezza e pochezza intellettuale. Il vuoto assoluto del senso dell'umorismo".
L'autore di Mistero Buffo parla apertamente di censura in questa sua intervista, ricordando che anche i grandi artisti del passato hanno dovuto subire la medesima sorte.
"Molière fu censurato duramente per il Tartufo e per il Don Giovanni. Ripeteva: 'Sono triste per la satira, ma so che un Paese che disprezza la satira e ne teme gli effetti non ha né intelligenza, né fantasia'. La satira ha bisogno di persone intelligenti".
Per uno che ha votato la propria vita a rompere i canoni del teatro borghese e a studiare con passione l'arte antica, non c'è da stupirsi che Mannelli abbia voluto scoprire un po' le cosce della ministra per esprimere una critica al governo.
"Il corpo, nudo o poco vestito, è stato usato dagli artisti in molti modi con tante funzioni sceniche. Pensiamo a Michelangelo e al suo capolavoro, il Giudizio Universale della Cappella Sistina, dove tanti tra papi, santi, beati, principi e personaggi biblici sono stati ritratti nudi e seminudi con seni e natiche in vista. Avrebbero dovuto dargli fuoco! [...] Un popolo senza umorismo è un popolo finito".
Dal canto suo, Fo è fermamente convinto che la reazione di politici e poteri forti sia spropositata e intravede un chiaro disegno censorio dietro l'episodio.
"Reazioni smodate. Se c'è mancanza di misura è in queste reazioni. Sono convinto che il ministro non possa essersi offesa nel vedere se stessa raffigurata in quell'immagine. [...]La regia è chiara: creare un tormentone facile e orecchiabile, come le gambe del ministro. I tentativi di censurare la satira sono una spia pericolosa, toccano i Paese e i popoli che sono in difficoltà sul piano della libertà di manifestazione del pensiero".



Daniela Ranieri
su IL FATTO

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LA VERSIONE DI MUGHINI - LA VIGNETTA DI MANNELLI È IDIOTA E ORRIDA. NIENTE DI MALE, SUCCEDE. CIASCUN GIORNALE FA LE VIGNETTE CHE VUOLE E CONTRO CHI VUOLE. SAREI UN PO' MENO PRESUNTUOSO DEGLI AMICI DEL 'FATTO' CHE OGNI CINQUE MINUTI RIPETONO CHE SOLO LORO SONO VISPI E INTELLIGENTI LADDOVE TUTTI GLI ALTRI SONO 'BIGOTTI' E 'SERVILI'
Lettera di Giampiero Mughini a Dagospia

Caro Dago, ovvio che in un Paese civile ciascun giornale fa le vignette che vuole e come vuole e contro chi vuole. Semmai sarei un po’ meno presuntuoso degli amici del “Fatto”, i quali ogni cinque minuti ripetono e ribadiscono che solo loro sono vispi e intelligenti e anticonformisti e laddove tutti gli altri sono “bigotti” e “servili”.

Un’affermazione con la quale, per quanto mi riguarda, mi pulisco allegramente le scarpe. Ovvio che il “Fatto” aveva tutto il diritto di mettere in prima pagina una vignetta che vorrebbe essere derisoria di Maria Elena Boschi, e che per farlo punta sulle sue “cosce” sguainate e cellulitiche.

Roba che quanto a gusto ed eleganza, a paragone il “cicciottelle” di un recente titolo giornalistico è un aforisma di Karl Kraus. Conosco e ho simpatia per Mannelli da qualche decennio: è un disegnatore aguzzo al quale, com’è ovvio, non tutte le vignette riescono col buco.

Questa è assieme idiota e orrida. Niente di male. Succede. Ne sto parlando da lettore del “Fatto” che ogni mattina lo compra e ne legge un bel po’ di articoli, quasi sempre molto buoni, eccezion fatta per le nenie stucchevolissime contro Matteo Renzi. Evviva le vignette, evviva il sarcasmo libero e indipendente.


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La libertà di satira
e la libertà delle donne
Stabilendo il nesso tra incompetenza e avvenenza si dà vita a un sillogismo squisitamente sessista, che non sarebbe mai usato nei confronti di un uomo
di Antonio Polito
Così deve essere anche nei confronti dei nuovi paletti che la sensibilità moderna ha posto al discorso pubblico: per esempio quello relativo al corpo della donna. Se un tempo si disegnava Spadolini ignudo e grassoccio con il pisellino al vento, ridendone, perché mai non si potrebbe oggi esporre il corpo di una donna ministra ridendo della sua esibita avvenenza, è stato autorevolmente detto. (Anche se, a proposito degli spostamenti del senso del limite, non si può escludere che oggi un direttore che desse del «cicciottello» a Spadolini se la vedrebbe brutta). C’è insomma un politicamente corretto più corretto del rispetto delle donne, e questo è il rispetto della satira.
Esagerati, dunque, o in malafede, gli indignati anti Mannelli: quella vignetta non istiga certo disprezzo nei confronti delle donne, e il disegnatore non è un cattivo maestro di potenziali femminicidi; chi volesse davvero cercare le radici della tabe sessista del maschio italiano dovrà impegnarsi un po’ di più invece di trovarsi facili bersagli polemici (per esempio leggendo il bellissimo romanzo di Edoardo Albinati).
Confesso però che mi hanno altrettanto, se non di più turbato, un paio di argomenti che sono stati usati in difesa di Mannelli. Il primo recita più o meno così: è legittimo prendere in giro l’avvenenza della ministra per denunciare la sua (presunta) incompetenza, in pratica se lei non dicesse «sciocchezze» costituzionali si eviterebbe le vignette sulle «cosce». Ma stabilendo il nesso tra incompetenza e avvenenza si dà vita a un sillogismo squisitamente sessista, che non sarebbe mai usato nei confronti di un uomo (belli e incompetenti non mancano nel nostro sesso).
Il secondo argomento è anche peggiore: si sostiene che in realtà la vignetta non faceva che replicare la realtà, come si deduce da una foto della ministra ritratta nella stessa posa della vignetta. Così, senza dirlo, si fa colpa alla signora Boschi di mettere in mostra le gambe, roba che non si sentiva dai tempi in cui Scalfaro schiaffeggiava le signore scollate, e la vignetta di Mannelli smette di essere difesa in quanto satira e viene elevata ad atto di denuncia. Ma denuncia di che? Si sta forse sostenendo che la ministra se l’è cercata indossando abiti scostumati, e che invece coprire il corpo femminile sia un atto di modestia e di serietà, soprattutto per una donna che fa politica?
Ecco: «se l’è cercata» è il grido di battaglia del sessismo. E su questa strada è davvero breve il passo che ci separa dalla burkizzazione a fini politici della polemica contro Maria Elena Boschi. Un prezzo francamente troppo alto, anche per la battaglia referendaria. Giù le mani dunque dalla libera satira. E giù le mani però anche dalla libertà delle donne: tutte le donne, comprese quelle potenti.Così deve essere anche nei confronti dei nuovi paletti che la sensibilità moderna ha posto al discorso pubblico: per esempio quello relativo al corpo della donna. Se un tempo si disegnava Spadolini ignudo e grassoccio con il pisellino al vento, ridendone, perché mai non si potrebbe oggi esporre il corpo di una donna ministra ridendo della sua esibita avvenenza, è stato autorevolmente detto. (Anche se, a proposito degli spostamenti del senso del limite, non si può escludere che oggi un direttore che desse del «cicciottello» a Spadolini se la vedrebbe brutta). C’è insomma un politicamente corretto più corretto del rispetto delle donne, e questo è il rispetto della satira.
Esagerati, dunque, o in malafede, gli indignati anti Mannelli: quella vignetta non istiga certo disprezzo nei confronti delle donne, e il disegnatore non è un cattivo maestro di potenziali femminicidi; chi volesse davvero cercare le radici della tabe sessista del maschio italiano dovrà impegnarsi un po’ di più invece di trovarsi facili bersagli polemici (per esempio leggendo il bellissimo romanzo di Edoardo Albinati).
Confesso però che mi hanno altrettanto, se non di più turbato, un paio di argomenti che sono stati usati in difesa di Mannelli. Il primo recita più o meno così: è legittimo prendere in giro l’avvenenza della ministra per denunciare la sua (presunta) incompetenza, in pratica se lei non dicesse «sciocchezze» costituzionali si eviterebbe le vignette sulle «cosce». Ma stabilendo il nesso tra incompetenza e avvenenza si dà vita a un sillogismo squisitamente sessista, che non sarebbe mai usato nei confronti di un uomo (belli e incompetenti non mancano nel nostro sesso).
Il secondo argomento è anche peggiore: si sostiene che in realtà la vignetta non faceva che replicare la realtà, come si deduce da una foto della ministra ritratta nella stessa posa della vignetta. Così, senza dirlo, si fa colpa alla signora Boschi di mettere in mostra le gambe, roba che non si sentiva dai tempi in cui Scalfaro schiaffeggiava le signore scollate, e la vignetta di Mannelli smette di essere difesa in quanto satira e viene elevata ad atto di denuncia. Ma denuncia di che? Si sta forse sostenendo che la ministra se l’è cercata indossando abiti scostumati, e che invece coprire il corpo femminile sia un atto di modestia e di serietà, soprattutto per una donna che fa politica?
Ecco: «se l’è cercata» è il grido di battaglia del sessismo. E su questa strada è davvero breve il passo che ci separa dalla burkizzazione a fini politici della polemica contro Maria Elena Boschi. Un prezzo francamente troppo alto, anche per la battaglia referendaria. Giù le mani dunque dalla libera satira. E giù le mani però anche dalla libertà delle donne: tutte le donne, comprese quelle potenti.

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L'amico salmastro mi scrive:
"ma Mannelli, sotto il disegno, non poteva scrivere: "oltre le gambe, c'è di più?"
...temo, però, che la citazione di una canzonetta non sarebbe stata Fatto-Style... ::)"
SAL

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stavo leggendo questo articolo dell'Huffington Post che titola qualcosa tipo "i dieci momenti più sessisti delle olimpiadi" o qualcosa del genere
questo termine, sessismo, mi piace tanto ma tanto tanto, proprio
mi piace talmente tanto che vi pregherei di non usarlo MAI qui, io lo farò con parsimonia, proprio per non sciuparlo
voglio conservarlo come perla nella sua ostrica, chiusa, in fondo al mare
e pensavo: che bello deve essere gustare un aperitivo al tramonto, a Montmartre, con l'autrice, sfiorarsi piano e sussurrarsi tanti asterischi
Fabio Magnasciutti

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